Mal d'Africa
Una volta a casa
(Diego) Ed ora che mi ritrovo a distanza di sei mesi, in quel di Cantù dove apparentemente non mi manca nulla, mi mancano tanto quei posti situati a quasi 11000 Km di distanza, dove con la mente, purtroppo solo con quella, torno spesso.
(Alfio) Ho ancora in mente i colori, il cielo stellato che mi lasciava estasiato, il colle di fronte casa e le passeggiate su in cima e poi…e poi il piacere di vedere il mondo dall’alto, i volti dei ragazzi, i sorrisi e la loro voglia di conoscere il mondo e gli interminabili saluti ogni volta che mi incontrava qualcuno. Potrei continuare ancora l’elenco ma e meglio smettere perché la commozione ha avuto il sopravvento. E’ strano come tutte le cose sembrano normali quando li possediamo, ma quando li lasciamo o li perdiamo assumono una importanza maggiore e ci mancano maledettamente. Sono tornato in Italia soddisfatto e con una gran voglia di vivere la mia vita e di affrontarla diversamente. Non so esattamente cosa sia cambiato, ma sento che qualcosa è cambiato.
(Sara) Mi mancano quei momenti, mi manca la possibilità di avere tanto tempo per me, mi manca condurre la giornata senza avere al polso l’orologio.
(Marco) E invece il rientro dall’africa è stato profondamente diverso. Ero cambiato. Le persone a me vicine se ne accorsero subito. Ero diverso, mi sentivo profondamente diverso e mi chiedevo “ma è bastato un solo mese in Africa?”. Ancora adesso mi sorprendo a pensarci, ma è stato effettivamente così.
(Giulia) Famiglia e calore. Spensieratezza e riflessione. Spirito e anima, magia. Abbandono e fatica. Silenzio e pace. Musica e colori. Atmosfera. Luce e buio, stelle. Sorrisi. Amicizie e addii. Lacrime. Conoscenza e ignoto. Fratellanza. Vicinanza e convivenza. Cultura e tradizione. Emozione. Occhi e sguardi. Limite. Umiltà e insegnamento. Lezione e dono. Depurazione e dimenticanza. Curiosità. Viaggio ed esperienza. Fiducia e timore. Saggezza. Leggerezza e semplicità. Onestà. Ecco cosa emana quella terra. Mi mancano gli sguardi profondi, la loro onestà, le loro abitudini, il loro affetto…potrei continuare con un lunghissimo elenco, ma penso si possa riassumere tutto nelle lacrime scese per gli arrivederci, già ARRIVEDERCI. Perché ancora oggi, a distanza di mesi, correrei da loro, anche solo per un abbraccio o per vedere come i piccoli siano ormai diventati degli ometti e delle principesse. Li ringrazio, uno a uno, come mai mi sono sentita di ringraziare qualcuno. Anzi forse qualcuno sì, il destino, che proprio al villaggio mi ha unito ad un altro volontario, la persona per cui darei la vita e che sposerei senza alcun dubbio.
(Chiara) Ho preso una decisione: smettere di raccontare a quanti mi chiedono. Quello che ho vissuto non può essere ridotto ad un mero mese da Isola Dei Famosi. Perlomeno io ho scelto di dare un senso diverso al mio pezzo di vita a Nambehe. L’abituarsi alla mancanza di elettricità, o al bagno alla turca, o ad accendere il fuoco per cucinare sono solo una parte del tutto, se di tutto si può parlare.
(Chiara) Forse vivere appieno l’Africa richiede di discostarsi da queste logiche nocive, dal buonismo imperante tipico di chi vede questi luoghi come lavatrici etiche, di chi vi viaggia convinto di dover ostentare tutto il filantropismo necessario ad espiare le colpe della propria latente infelicità o di chi ha la presunzione di essere in grado di aiutare santa gente ma sfortunata, fino quasi a non sopportare l’idea di una realtà diversa. Non ho risposte, ma forse cominceremo a conoscere davvero qualcosa solo nell’istante in cui abbandoneremo questo gioco a somma zero per iniziare a guardare l’altro con umiltà e coraggio, il coraggio di cambiare idea, di smontare i pezzi del puzzle costruito fin ora, le costruzioni mentali che hanno regolato la nostra vita fino a questo momento. Non raccontiamocela, noi non siamo i più forti, i più ricchi, i più colti, i più sviluppati. Il nostro non è l’unico mondo possibile, né l’unico modo possibile. Esistono tanti modi quanti sono gli abitanti di questa terra, e tanti mondi quanti sono le culture e i popoli che la abitano e che nei secoli la hanno abitata. Noi siamo solo un minuscolo granello, e neanche poi tanto interessante col nostro noioso modo di omologarci per il terrore di dover accettare la diversità.
(Marta) Nel frammento di esistenza che ho passato a Msindo posso dire di aver vissuto l’incredibile esperienza di sentirmi profondamente umana. ‘Ma che non ci vada nessuno credendo di trovare quel che ci ho trovato io, perché ognuno fa di ogni cosa – un posto, una persona, un avvenimento – quello che vuole, quello di cui, in quel momento, ha bisogno’.
(Nicola) Tornato a casa tutti mi hanno chiesto solo cosa ho insegnato, come se fossi andato a visitare un popolo che è indietro di trecento anni. È vero che non hanno tutti quegli strumenti tecnologicamente avanzati che abbiamo noi, come i computer e gli utensili elettrici, ma sanno usare molto bene quello che hanno. Noi avremmo pure le nozioni universitarie che ci fanno sentire superiori, ma nella vita quotidiana e per i bisogni essenziali, non servono a niente. Sicuramente noi non saremmo in grado di arare un campo senza il trattore, lavorare un mobile con pialla e lima o creare, nel piccolo, un modello di società che non pensi ad arricchire il singolo (concetto che è stato creato, capito e adottato da persone che non hanno fatto l’università). Tutte quelle persone avrebbero fatto meglio a chiedermi cosa ho imparato, risponderei che ho imparato moltissimo!
(Margherita) Sono passati tre mesi, ormai, dal mio ritorno in questa fetta di Terra in cui la luna, la notte, non ride o è triste, ma ti dà sempre le spalle. Durante il tempo trascorso al villaggio non ho scritto una riga, e lo sto facendo ora che ne ho sentito il bisogno all’improvviso, mentre studio pagine di economia finanziaria che difficilmente possono avermi in qualche modo ispirato quei giorni. E’ che il villaggio ti strappa arrogante alla realtà senza aspettare il momento giusto -i sogni la notte, i racconti agli amici- e senza approfittare dei tuoi momenti di silenzio.
(Cristina) A volte mi sono fermata a pensare cosa mi mancava dell’Italia, difficilmente avrei immaginato di pensare e sentire invece che tornando a casa, la mancanza era forte di quello che avevo lasciato al villaggio. Il rientro, ha avuto un forte impatto su di me. Schiacciata dal peso di questa occidentale ossessione del tempo, di un benessere sterile. La fortuna però di non riconoscersi in qualcuno che è sempre alla ricerca di una felicità che troverà mai…cosa può rendere l’uomo felice se ha perso i sentimenti? Ognuno di noi dovrebbe avere il coraggio di trovare il coraggio per osare, per avere un altro posto dove andare, per essere qualcuno da voler ricordare.
(Margherita) Così, adesso mi pesa e mi fa sentire in colpa non salutare gli anziani che incrocio per strada con rispetto e caricarmi delle loro benedizioni, perchè nella mia città cammino con gli occhi bassi e lo sguardo accigliato, perchè tutti capiscano che è meglio starmi alla larga e che non sono una preda, nel traffico e nei vicoli stretti di motorini che ti sfiorano e ti strattonano. Non sono io così, me l’ha insegnato la città. Animale selvatico in Italia, Europa. Essere umano in Tanzania, Africa.
(Gabriella) La sfida quindi è il ritorno. La conta dei vivi e dei morti dentro te, la misurazione parossistica dei perimetri, la lotta contro la tentazione di ricostruire un regno, smarrita come sei nei tuoi non-confini, l’urgenza di mantenere un sereno distacco dalla praticità esterna che come un ragno lentamente ricama intorno a me una scivolosa prigione.
(Paola) Le strade di tutti i giorni non sono più le stesse. Ogni mattina, quando esco da casa, cerco di tornare a sentirmi come quando ero in viaggio: libera da aspettative e intenzionata a percepire, provare, mettere in dubbio.
(Paola) Adesso che sono tornata, cerco di restare in viaggio, credendo in quello in cui mi piace credere, permettendo a me stessa di commuovermi per un sorriso donato da un estraneo, camminando e ascoltando il vento, assaporando la mela con attenzione mentre la mastico, desiderando sentire e abbracciare gli alberi. E la mia penna scrive.